Parroco

1976. Per volontà del Vescovo Pagani, è uno dei due membri della Delegazione Eugubina inviata a Roma al I Convegno delle Chiese Italiane, su Evangelizzazione e promozione umana.
E in quello splendido Convegno don Angelo si è ulteriormente convinto che il suo impegno nella Chiesa è e resterà scarsamente fruttuoso, finché non rientrerà nella ferialità dell’impegno pastorale: lui è considerato un “prete eccezionale”, un’affermazione che non solo è falsa, ma fa da alibi per chi nell’azione pastorale non vuole promuovere i poveri a protagonisti, come vuole quel primo convegno delle Chiese Italiane su Evangelizzazione e promozione umana, ma vuol tenerli da parte, i poveri, come in una delle antiche riserve indiane degli USA, un qualcosa da esibire occasionalmente, al momento giusto e nei tempi dovuti.
Nel maggio del 1986 il vescovo Antonelli lo invita a pranzo alla Funivia. È di passaggio a Gubbio, il Card. Pietro Palazzini, piccolo, potente e silenziosissimo esponente della Curia Romana; ha studiato anche lui al Laterano.
Durante il pranzo il discorso cade sulle dimissioni di don Ubaldo Angeloni dalla Parrocchia di Padule, per motivi di salute. Peccato!
“Perché non ci va lei?”: il cardinale l’ha buttata là, tra un boccone e l’altro, come fosse un contorno, una cucchiaiata di quel purè che “ci dice” tanto bene con quel maialino tenero, cotto al punto giusto, come Dio comanda e come il Cardinale gradisce.
Il giorno dopo don Angelo scende a Padule, a parlare con Don Ubaldo. Scende da S. Girolamo con il suo “cinquantino” giapponese, che ha da poco barattato con la sua Moto Morini 350, con la quale ha rischiato di finire sotto le ruote di un pullman; era un sabato mattina, davanti al Teatro Romano; lui andava a S. Secondo, a suonare l’organo a canne (uno dei sette – dicansi sette! – Morettini presenti a Gubbio!), accompagnato dal violino di Carlo Spogli.
Nella cucina della casa parrocchiale di Padule lo accoglie Michele Capponi, piccolo imprenditore edile, ex emigrato in Svizzera, cristiano tutto d’un pezzo, fiero esponente di Rifondazione Comunista. Amore (amicizia) a prima vista.
E l’ultima domenica di maggio, quando da Padule sale a S. Ubaldo, a piedi, il tradizionale Pellegrinaggio: don Angelo si fa trovare lassù, accanto all’urna del Protettore, con la nomina del vescovo a Parroco di Padule
Lascerà l’incarico di Parroco di quella popolosa e giovane frazione, alle soglie di Gubbio, nel 1992, per impossibilità di conciliare i troppi impegni. Una scelta che, a distanza di anni, appare affrettata; sì, ha spianato la strada al bravissimo parroco attuale (2010), don Luca Lepri, che fra l’altro ha realizzato ex novo uno splendido oratorio per i giovani, ma …rimane una scelta affrettata.

L’accoglienza da parte della gente è decisamente buona, vengono realizzati lavori senza chiedere un soldo a nessuno, ma le offerte lievitano: nel giro di un anno passano da 5 a 95 milioni di lire.
Si stringe il cerchio degli adulti intorno al nuovo parroco: con Michele, Adolfo Moriconi, l’avv. Giancarlo Baldinelli già suo compagno di studi, e Ciro Monacelli, e Francesco Barbetti, e Paolo Barbetti, e Franco Cecchetti, Ettorino Lepri, Tonino Baldinucci, Nino del conte; e Nello Rossi che organizza l’opposizione, distribuendo in Chiesa dei volantini contro il Parroco, ma poi sono sempre insieme. E i vecchi cattolici, quelli che da ragazzetti furono formati da don Romualdo, negli anni 30/40: Peppino Sannipoli “de saccoletta”, l’infermiere di tutti”, e Raniero e Alfredo Cappannelli. E le pie donne, a cominciare dalla Maria de Burocco, e Ada con la sua sfortunata figliola Serenella, indimenticabile, e la Mirella del Conte e la Mirella Ragnacci, e Simonetta della Stazione, e Gisella, e la Peppina Ceccarelli, e Laura, Stefania e Paola Zangarelli.

Memorabile il primo Giovedì Santo, con la “Lavanda dei piedi” fatta a 12 soggetti adulti: imprenditori, operai, piccoli industriali, professionisti, pensionati: tutti sopra i 30 anni d’età.
Ma la “fissa” che inguaribilmente don Angelo ha contratto nel 1970 è tuttora attiva pimpante: nella casa parrocchiale si installa un gruppo di disabili; e le cene nel teatrino trasformato presto in bar sono molto allegre.
A capo del gruppo c’è la dr.ssa Antonia Botta, grande polo di attrazione per tutti i parrocchiani, anche e soprattutto per come ha vinto la sua battaglia contro l’handicap.
E c’è Franchino, ovviamente. Franchino che da questa esperienza riceverà un cumulo di stimoli nuovi.
Lui che, non senza esitazioni, ha lasciato che Giovanni Paolo II gli poggiasse la mano sulla testa, lui che fra qualche anno, anche se aiutato dal Diacono Roberto Revelant, faticherà un poco a dare la mano a Benedetto XVI.
Gli fa assistenza un generosissimo obiettore di coscienza in servizio civile, Stefano Fondacci, che rimarrà poi tra i più impegnati in comunità; con qualche capello in meno, e qualche chilo in più.
Poco dopo il suo ingresso in parrocchia, don Angelo fonda e presiede la Cooperativa sociale La Saonda inizialmente promossa da Vincenzo Francioni e poi egregiamente da Michele Saragnese, per della lavorazioni conto terzi e piccoli articoli in legno.
“La Saonda” accoglie una decina di giovani disabili della zona; il nome è quello del fiume che, attraversando tutte le parrocchie della Zona Pastorale detta appunto “Saonda/Chiascio”, dovrebbe tutte unirle nell’impegno a beneficio di alcuni dei soggetti più deboli del rispettive comunità ecclesiali.

“La Saonda”: il nome è quello del fiume che, attraversando tutte le parrocchie della Zona Pastorale ad est di Gubbio, detta appunto “Saonda/Chiascio” (oltre Padule, S. Marco, Spada, Torre Calzolari, Branca, e, sui monti, Colpalombo e Carbonesca) dovrebbe tutte unirle nell’impegno a beneficio di alcuni dei soggetti più deboli del rispettive comunità ecclesiali. Questo l’auspicio che presiedette alla nascita de La Saonda.
E il gruppo famiglia si è insediato in parrocchia con l’auspicio di diventare il centro della vita parrocchiale, come meritano quegli ultimi dai quali, secondo la CEI (documento La Chiesa italiana e le emergenze del paese, 1981), bisogna che i cattolici “ripartano”.
Nessuna ripartenza. Nessuno dei due auspici diventa realtà, né quello insito nella presenza del gruppo residenziale, né quello sussunto dalla creazione della cooperativa sociale La Saonda.
Quegli auspici non diventano realtà. Certo, i bambini che frequentano la parrocchia vedono la lampada sempre accesa davanti al Santissimo (e a volte ci vedono anche il prete che prega), ma vedono anche che tutti gli “scemi del villaggio”, quelli che i loro padri prendono in giro al bar (magari solo scherzosamente), sono lì: può essere, quella, una buona lezione supplementare di catechismo.
Ma l’auspicio della compenetrazione fra i due tipi di realtà (parrocchia e zona pastorale da una parte, gruppo residenziale e cooperativa sociale dall’altra) non si realizza.
La gente guarda sia il gruppo che la cooperativa con grande simpatia. Quando Franchino fa la Prima Comunione, lo ricoprono di regali, al punto che sulle pareti della camera che condivide con suo padre don Angelo i regali ricevuti si accumulano, fino al soffitto (e lui non permette che per quella notte sia spenta la luce elettrica!).
Ma i due tipi di realtà non si fondono, rimangono giustapposti.
La gente dice: “Bravo questo don Angelo, bravino, e bravi Vincenzo e Michele, e bravissima la dottoressa! Ma … che c’entra? Che, forse una parrocchia deve fare questo genere di cose?”
D’altra parte sono gli anni in cui il Presidente della Repubblica Italiana Oscar Luigi Scalfaro, dalla sommità del Colle, gratifica di lodi emarginanti i volontari: “Eroici volontari!, così Ci interpella nel discorso di fine anno, arrotando le “r” con un’enfasi che ci mette fuori gioco, se è vero (come è vero!) quello che diceva Bertolt Brecht: “Povera la nazione che ha bisogno di eroi!!”. Il vero volontario è colui che quella scelta, prima che per gli altri, la fa per sé, per dare un senso alla propria vita. L’aggettivo giusto da abbinare alla parola “volontario” non è “eroico”, ma “intelligente”, recuperandone il valore etimologico: uno ce “legge dentro”, che ha la fortuna (la grazia) di cogliere il senso profondo della vita, il suo “sugo” – diceva Manzoni -.

1987-96. Varie libere docenze, sia all’Istituto Teologico di Assisi che all’Istituto “Ecclesia Mater” della Facoltà di Teologia dell’Università del Laterano, con risultati di molto inferiori alle attese.

1992. Lascia la parrocchia di Padule e si trasferisce in Via Elba 47, a S. Marco, nel Gruppo Famiglia Pierfrancesco.
Si trasferisce a S. Marco anche la Cooperativa sociale La Saonda che ben presto, sotto la guida di Antonio Fania, conosce uno sviluppo di grande intensità, sia nell’assemblaggio delle cappe di aspirazione per la Faber di Fossato di Vico, sia nella produzione di quadri in argento, sia nella falegnameria.

1994. Il Vescovo Bottaccioli lo sceglie come Moderatore al Sinodo Diocesano.

1995. Per volontà del Vescovo Bottaccioli, fa parte della Delegazione Eugubina presente al III Convegno delle Chiese Italiane, a Palermo, su La Chiesa per una nuova società in Italia.

1996: muoiono a distanza di pochi mesi l’una dall’altra due figure centrali nella Comunità di S. Girolamo, Ida Filipponi e Doretto Aquino. Generosissima lei, ben al di là delle sue condizioni di salute, estremamente precarie; amatissimo dagli Eugubini lui, ovunque conosciuto per la grande stazza della sua corporatura e l’affabilità straordinaria del suo carattere.